Foggia-Pescara: L’allievo, il maestro e l’apoteosi di Zemanlandia
La semifinale dei playoff di Serie C Foggia – Pescara vedrà sfidarsi il maestro Zeman e l’allievo Delio Rossi, che in passato fu indicato come l’erede del boemo.
Il destino stavolta l’ha combinata grossa: si è divertito a far incontrare, lungo la strada dei playoff di Serie C, l’allievo e il maestro. Delio Rossi sfida Zdenek Zeman. Per entrambi il passato che ritorna, con prepotenza. Sentimenti e ricordi che si mescolano, aggiungono pennellate di emotività e pathos ad un confronto già di per sé carico di attesa e adrenalina, tra due tifoserie che non si sono mai amate.
Per molti anni, Delio Rossi è stato indicato come il delfino di Zdenek Zeman. Si fatica ancora, a distanza di decenni, a uscire da questa retorica dell’allievo che sfida il maestro, ma bisogna riconoscere che il destino si è divertito a rimetterli uno contro l’altro quando sembravano ormai due pezzi da museo, memorabilia impolverata. Sono arrivati entrambi in corsa, ruoli che spesso hanno faticato a interpretare durante le rispettive carriere.
Il primo incontro tra i due risale all’estate del 1986, con Delio già da diverse stagioni in rossonero e Zeman appena approdato a Foggia dopo gli anni ruggenti di Licata. Entrambi devono tanto a Peppino Pavone, il ds che portò Zeman a Foggia e sempre a Foggia avviò Rossi alla carriera di allenatore. Tecnico rampante e veterano, insieme per parlare di calcio, per insegnare e imparare, per fumare qualche sigaretta insieme con il tramonto sullo sfondo. Scocca in quel momento la scintilla che avrebbe portato qualche anno dopo Rossi, chiusa la carriera da calciatore, ad iniziare l’avventura da allenatore con i dilettanti del Torremaggiore, prima, e la Primavera del Foggia, poi.. Mentre Zdenek si manifestava al mondo come architetto di Zemanlandia all’inizio degli anni Novanta, Delio prendeva appunti alla guida della Primavera foggiana. Da lì in avanti, le due carriere hanno preso a incastrarsi, sovrapponibili per larghi tratti, sempre alla ricerca della bellezza, ognuno a modo proprio. Il boemo ebbe un forte ascendente sull’allenatore originario di Rimini e foggiano d’adozione, che poi fu abile a metterci più di qualcosa di suo: più pragmatico e meno idealista Rossi, perennemente identico al suo ritratto Zeman.
Rossi iniziava a camminare da solo a Salerno, lì dove Zeman avrebbe predicato più avanti; quindi passava da Foggia e da Pescara, mete predilette di due anime vaganti e vagabonde. Il secondo posto del boemo alla guida della Lazio 1994-95 rimane il punto più alto della parabola zemaniana, numeri alla mano. E allora forse non è un caso che la Roma biancoceleste abbia accolto, dieci anni dopo, proprio Delio Rossi, il primo a potersi concedere il lusso di instaurare un ciclo agli ordini di Claudio Lotito. A tratti bellissima, la Lazio di Rossi, capace di issarsi al terzo posto nel bizzarro campionato post Calciopoli e di mettere in bacheca la Coppa Italia del 2009, ultimo atto di un quadriennio ricco di soddisfazioni. Prima di andare a Roma, aveva lasciato in mano al suo vecchio maestro il Lecce: Zeman era tornato a divertirsi dopo anni di oblio, lanciando i vari Bojinov e Vucinic. Dopo la Lazio, Rossi aveva continuato a sognare a Palermo, dove era iniziata l’avventura italiana di Zeman a metà degli anni Settanta, riuscendo a resistere alle mareggiate di Zamparini fino a una rovinosa sconfitta con l’Udinese che aveva dato il là al classico esonero a tempo: cacciato e richiamato, aveva sognato di lasciare i rosanero come gli era successo a Roma, ma l’Inter di Eto’o e Milito si era dimostrata più forte nella finale dell’Olimpico. Era il Palermo di Pastore e Ilicic, Hernandez e Miccoli. E mentre Delio iniziava a faticare, incappando a Firenze nell’increscioso duello rusticano con Ljajic, Zeman conosceva le meraviglie di Pescara, trampolino di rilancio dopo la sua terza incarnazione foggiana: in rossonero aveva già saggiato le qualità di Lorenzo Insigne, messe al servizio di Marco Sau, e aveva deciso di portarlo con sé anche in riva all’Adriatico, in un tridente sublime con capitan Sansovini e Ciro Immobile, tutti innescati dalle geometrie di un giovanissimo Verratti. Poi, dopo il deludente ritorno a Roma, per la seconda parentesi in giallorosso, si era scoperto, come l’allievo, stanco e distante da un calcio che continuava a cambiare.
D’un tratto, senza che ce ne fossero i segnali, qualcuno ha tirato fuori dall’armadio una scatola dei ricordi. Delio a Foggia, Zdenek a Pescara: avremmo potuto trovarli a panchine invertite, oppure a Roma, a Palermo, a Salerno, a Lecce. Un faccia a faccia che ritorna, per la prima volta in C, diverso tempo dopo gli ultimi confronti, in Serie A e B, di fine anni ‘90 e primi anni 2000: Roma-Salernitana, Lecce-Salernitana, Lecce-Atalanta. Bilancio in equilibrio per entrambi fra vittorie e sconfitte, ora un doppio incontro che infiamma i playoff di Serie C, catalizza l’attesa e le attenzioni legate alla «Final Four» per la B, rispetto all’altra semifinale Lecco-Cesena, meno carica di appeal. Si giocheranno tutto in due partite, in palio c’è un posto in finale. Una sfida da brividi che vivrà su 180’ fantasmagorici.
LA PARTITA
Il Pescara di Chiavari sembra pronto a giocarsi tutte le sue carte anche in semifinale. I numeri dei biancazzurri nei play off sono emblematici. Le 10 reti segnate in quattro gare (con una media di 2,5 gol a partita) fanno del team abruzzese la squadra più prolifica dei playoff. Nelle quattro gare fino ad ora giocate nella seconda fase, la squadra adriatica ne ha vinte tre. Con Zeman in panchina la metamorfosi (in positivo) della seconda parte di stagione, con 8 vittorie, 3 pareggi e due solo ko a Messina e Taranto.
Gli abruzzesi, si fanno preferire per l’organizzazione, la brillantezza del loro gioco e per la qualità dei singoli (soprattutto dalla metà campo in su), la doppietta griffata in Liguria da Cuppone conferma come in avanti Zeman possa contare su più frecce nell’arco. Una menzione speciale la faccio per Marco Delle Monache, un ragazzo che sotto la gestione Zeman ha avuto una crescita incredibile e che a soli 18 anni sembra ormai maturo per il salto di categoria grazie. Credo che in futuro sentiremo molto parlare di lui.
Il Foggia ha invece dalla sue l’esperienza e un carattere d’acciaio che lo rende un avversario assai scorbutico per chiunque l’affronti. Il Foggia contro ogni previsione è giunto alle semifinali dei playoff grazie ad alcune remuntade pazzesche in questi playoff e ora è l’autentica mina vagante delle “final four” dei playoff. Potenza, Cerignola e soprattutto il superfavorito Crotone hanno dovuto soccombere dinanzi al carattere dei satanelli che nei minuti finali hanno dimostrato di saper trovare il guizzo vincente per portare il destino dalla loro parte, segno di un carattere mai domo anche nei momenti difficili.
In campionato hanno già fatto faville ribaltando completamente i pronostico: il Pescara ha sbancato lo Zaccheria e il Foggia ha fatto altrettanto all’Adriatico, in 2 partite terminate entrambe col punteggio di 0-4 in favore degli ospiti. Si sfideranno i due attacchi più prolifici del girone C (dietro al Catanzaro dei record). I gol e lo spettacolo non mancheranno di certo.