Che calcio sta succedendo?
Un calendario sempre più denso di partite disputate a un’intensità sempre maggiore. Ma dove può portare tutto questo?
Quando si parla di calcio è importante contestualizzarne l’intorno competitivo per stabilire le procedure metodologiche in grado di essere funzionali al suo sviluppo.
Oggigiorno a livello giovanile si assiste alla ormai cronica riduzione delle occasioni per la pratica deliberata. Inoltre, il confinamento degli allenamenti in due, tre sedute settimanali non risulta utile ad ottimizzare gli obiettivi pedagogici preposti e soddisfa solo in parte le esigenze motorie necessarie ad interrompere la sedentarietà che accomuna la maggior parte delle realtà giovanili del nostro Paese. È verosimile che queste risultanze costituiscano per i nostri giovani calciatori un serio ostacolo al miglioramento della loro salute e ovviamente al conseguimento di possibili alti traguardi competitivi.
Il calcio del futuro – più o meno prossimo – si delinea alquanto esigente nelle sue richieste: conferma di questo ne è l’aumento delle sollecitazioni di gioco imposte – a livello nazionale, continentale e globale – dalle istituzioni che lo regolano. Dal punto di vista metodologico, la sfida è costituita dalla necessità di preparare i nostri giovani alle importanti sollecitazioni che il calcio professionistico richiederà. In questo scenario gli alibi non risultano utili: l’agonismo non fa sconti, ma evidenzia nel breve e medio termine le carenze strutturali dei contesti formativi.
Alla luce dell’attuale evidenza scientifica, vediamo quale sarà lo scenario al quale dovremo preparare i nostri giovani per renderli in grado di concorrere al calcio di élite del prossimo futuro.
IL CALCIO DEL FUTURO, TRA SPETTACOLO ED EFFICIENZA COMPETITIVA
Il calcio moderno richiederà un sempre maggior impegno agonistico ufficiale a coloro che a ogni latitudine avranno l’abilità e il privilegio di parteciparvi.
Una recente analisi condotta dalla Southern Denmark University in collaborazione con il Settore Tecnico federale ha evidenziato come dalla stagione 2008/2009 a quella pre-pandemica del 2018/2019 vi sia stato un aumento medio di 10 partite giocate a squadra in Europa, un numero che va ad aggiungersi alle 50 registrate di origine.
In pratica, alle 38 partite idealmente svolte nel corso di un campionato standard (una gara ogni sette giorni) se ne sono progressivamente aggiunte circa il doppio, con evidente aumento delle problematiche associabili allo stress professionale. È bene non paragonare la professione calcio con le altre presenti nella nostra società, dato che parliamo di alto rendimento e quindi con la necessità di produrre ‘lavoro’ sempre ad un livello molto prossimo al massimo bio-psicologico contestuale.
L’analisi temporale appena illustrata, per quanto paradigmatica, risulta una sottostima dello scenario a cui si dovrà assistere alla luce delle modifiche prospettate dalle istituzioni calcistiche internazionali. Inoltre, questa risulta una media per squadra non considerante l’impegno di alcuni calciatori che, per abilità competitive, già ora effettuano più di 70 partite per stagione. Nei maggiori club UEFA, a partire dai primi anni 2000, in 10 anni si è quasi triplicato il numero di partite e di allenamenti per stagione aumentando notevolmente l’esposizione dei calciatori a possibili infortuni e stress professionale. Nello stress competitivo è bene aggiungere quello da viaggio (proporzionale alle distanze coperte) e non trascurabile risulta altresì quello indotto dai diversificati orari dell’inizio delle partite (destrutturazione dei ritmi circadiani sonno/veglia). Le proiezioni statistiche prevedono inoltre un aumento delle sollecitazioni di gioco derivanti da un ipotizzato aumento della velocità della palla, con previsti più di 16 passaggi al minuto nel calcio del 2030.
Nei prossimi anni si prevede un aumento dell’attività svolta ad alta intensità con e senza palla pari a circa il 40% rispetto ai dati riportati nelle stagioni correnti. Dal punto di vista tattico si assisterà giocoforza a una maggiore ‘totalizzazione’ del calcio, con portieri chiamati a partecipare maggiormente alla costruzione del gioco e con difensori centrali sempre più coinvolti nelle azioni di attacco. Nel calcio di élite del prossimo futuro gli allenatori dovranno verosimilmente risolvere il dilemma se sviluppare funzioni di gioco più che ruoli di gioco e questo pone importanti considerazioni metodologiche al calcio giovanile. Il previsto ulteriore aumento della – già problematica – frequenza e intensità delle partite mette attenzione metodologica alla necessità di sviluppare efficaci strategie per migliorare il recupero tra gli eventi agonistici e di limitare per quanto possibile il rischio di infortuni. Alla luce del trend delineato dall’analisi temporale degli infortuni rilevati nel corso dei passati campionati europei, è prevedibile un particolare aumento degli eventi muscolari.
L’aumento della frequenza delle partite (densità competitiva) su un un’esposizione temporale invariata si è dimostrata in grado di aumentare l’incidenza degli infortuni e questo particolarmente quando gli incontri avevano una frequenza inferiore ai 4 giorni. Inoltre, l’aumento degli impegni di gioco ha messo a dura prova la possibilità di allenarsi. Considerando i giorni di recupero passivo, la lunghezza della fase di transizione e della pausa di campionato risultano avere un ruolo determinante per la totalizzazione e qualificazione degli allenamenti di preparazione/ compensazione. Il numero delle sedute pre-campionato si è dimostrato rilevante nella moderazione dell’incidenza degli infortuni di gioco e questo dovrebbe essere tenuto in debita considerazione al fine di tutelare la salute dei calciatori. L’atteso ulteriore aumento dell’esposizione di gioco determina per sé una maggiore incidenza degli infortuni attesi dato che è proprio la partita (infortuni 23.8/1000 ore di gioco) l’occasione in cui i calciatori di élite esperiscono il maggior numero di infortuni di vario tipo rispetto all’allenamento (infortuni 3.4/1000 ore di allenamento).

Un aumento delle sedute di allenamento potrebbe quindi essere una delle strategie
utili a contrastare l’incidenza degli infortuni. È comunque bene rimarcare che una variabile da considerare è anche la tipologia degli allenamenti da svolgere in questi contesti altamente espositivi. Queste considerazioni pongono il problema di quante partite sarebbe utile proporre ai calciatori di modo da tutelare salute e prestazione. Il problema come intuibile nasce dal contrasto tra le esigenze di rappresentazione e di preparazione, recupero e disponibilità. La soluzione merita una specifica attenzione e l’intervento delle parti coinvolte nel mondo del calcio. Premesso che la maggior parte delle problematiche sopra esposte possono essere risolte solamente con soluzioni dettate dal sistema calcio, metodologicamente l’individualizzazione degli interventi risulta la via da perseguire. Questo potrà essere attuato grazie all’implementazione dell’allenamento di precisione e personalizzato, intendendo con questi costrutti la necessità di considerare il calciatore come un’unicità che va ad integrarsi nel sistema squadra. In questo intento, un grande ruolo avranno l’uso delle tecnologie utili per valutare il carico interno imposto ai calciatori dagli impegni di gioco (inclusi viaggi e temporizzazione della partita). Infatti, solo attraverso questa tipologia di informazioni sarà possibile controllare e regolare lo status delle potenzialità prestative del calciatore. In questo sempre più complicato contesto competitivo rilevante sarà il lavoro che si dovrà svolgere nei settori giovanili, implementando valide strategie di individuazione, selezione e sviluppo del calciatore.
Lo scenario futuro promuove l’importanza della resilienza di gioco come qualità del calciatore del futuro. Lo sviluppo mirato della forza e delle varie particolarità della resistenza risultano l’obiettivo utile per promuovere nei giovani calciatori velocità di recupero e solidità strutturale utili per limitare l’incidenza degli infortuni. Un approccio integrato alla preparazione fisica del giovane calciatore risulterà quindi l’obiettivo principale dello sviluppo del talento. Importanza dovrà essere posta alla creazione di una resilienza ‘strutturale’, agendo sul complesso psicofisico del calciatore e ponendo particolare attenzione all’intorno ambientale, che risulterà fondamentale per la riuscita degli interventi necessari per lo sviluppo della prestazione di interesse.
Questo nel rispetto della salute e della personalità del calciatore, che – é bene rimarcarlo – rimane l’attore principale del gioco più bello e praticato al mondo.
