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La finta partita a scacchi tra Manchester City e Inter

Nella finale di Champions League, Manchester City e Inter hanno dovuto rivedere alcuni dei loro principi di gioco, adattandosi al diverso contesto di gioco proposto dalla gara rispetto a quello che era inizialmente preventivato.

Sono stati due gli aspetti tattici che mi hanno colpito maggiormente nella finale di Champions League disputata sabato sera:

1) Il 3313 del City in fase di possesso con Stones a fare la mezzala destra (di solito giocano col 3241, con Stones che rimane più bloccato al fianco di Rodri).  Contro l’Inter, invece, Guardiola ha schierato Stones formalmente da terzino destro, con Akanji al centro della difesa. In fase di possesso Stones non ha affiancato Rodri costituendo una struttura con un doble pivote, ma si è alzato in posizione di mezzala destra, con la squadra che ha disegnato in fase d’attacco una sorta di 3-4-3 con il centrocampo a rombo e i due esterni offensivi molto aperti. Nel rombo di centrocampo, almeno fino alla metà del primo tempo, è stato, piuttosto sorprendentemente, De Bruyne ad occupare la posizione di mezzala sinistra, con Gundogan a fungere da vertice avanzato.

I motivi dietro la scelta del tecnico del City stanno nella possibilità di togliere i riferimenti prossimi ai due difensori esterni del terzetto arretrato dell’Inter – Darmian e Bastoni – che avrebbero trovato nei due centrocampisti avanzati 3-2-4-1 gli avversari vicini su cui orientarsi, permettendo così a Brozovic di focalizzarsi, con un lavoro di schermatura, nel supporto ad Acerbi nel controllo di Haaland. Invece, lo schieramento con una sola mezzapunta, disposta centralmente e in verticale sul centravanti del City, ha potuto togliere i riferimenti a Darmian e Bastoni, che avrebbero dovuto alzarsi maggiormente per contrastare le due mezzali del rombo di centrocampo del City, e avrebbe impegnato Brozovic, liberando spazio per Haaland.

2) La pressione dell’Inter che pareggia i quattro costruttori del City: Dzeko su Dias, Lautaro su Akanji, Barella su Aké e uno degli altri due centrocampisti su Rodri. L’Inter non è rimasta troppo sorpresa dallo schieramento adottato dal City in fase di possesso palla e, qualora non fossero state già previste da Inzaghi durante la preparazione della finale, è stata immediatamente capace di trovare le opportune contromisure al 3-4-3 a rombo degli uomini di Guardiola. Delle due mezzali è stato Barella che, preferibilmente, si è alzato sulla linea degli attaccanti per pressare in parità numerica i tre giocatori arretrati del City deputati alla costruzione. In maniera piuttosto coraggiosa, Brozovic ha spesso abbandonato la sua funzione di schermo davanti alla difesa, andando in aggressione avanzata su Rodri. Sul lato forte, alle spalle di Barella, Darmian ha costantemente accorciato sulla mezzala sinistra del City, mentre sul lato debole, era Çalhanoğlu a cucire le distanze per coprire la posizione lasciata dalla pressione avanzata di Brozovic, lasciando spazio libero, sul lato debole, alla mezzala destra del City. Çalhanoğlu ha quindi potuto assumere una posizione più prudente che, a catena, ha consentito a Bastoni di limitare le uscite sulla mezzala avversaria e di supportare così Acerbi nel controllo di Haaland.

Guardiola ha sorpreso tutti con la posizione di Stones, schierando la squadra quindi con un 3+1 in fase di costruzione, contro il consueto 3+2 attuato in stagione dal City. Una scelta che nasce anche dalla capacità dell’Inter di saper ripartire bene sfruttando la sua capacità di recupero palla, specialmente con le mezzali e i braccetti di difesa. L’Inter ha lavorato molto bene sulle scalate, meno invece in fase offensiva dove se avesse avuto maggior precisione poteva anche pensare di vincere la partita, dato che il City ha concesso un paio di situazioni clamorose dovute anche all’enorme pressione psicologica che avvertivano i calciatori. Guardiola pensava con questa scelta rivelatisi conservativa di mandare in difficoltà le scalate dell’Inter, ma i nerazzurri hanno saputo saggiamente adeguarsi con grande acume tattico.

Ne è conseguito che contrariamente al solito, i calciatori del City hanno attaccato pochissimo lo spazio (l’unico a farlo era Haaland) e non è stato un caso, infatti, che il gol sia arrivato su un movimento di questo tipo (da parte di Bernardo Silva), l’unico fatto in tutta la partita.

Akanji conduce, Bastoni è attratto dal pallone, non aspetta il soccorso di Çalhanoğlu, e viene infilato alle spalle da Bernardo Silva. L’unico errore tattico di tutta la partita costa la Champions League.

Nella foto possiamo notare infatti come, mentre Akanji conduce palla, Bastoni si faccia attrarre dal pallone, non aspettando il soccorso di Çalhanoğlu, e viene infilato alle spalle da Bernardo Silva. In una partita perfetta dal punto di vista tattico, l’unico errore nella scalate costa la Champions League all’Inter.

Manchester City – Inter ci insegna che nel calcio moderno, la preparazione alle partite va rivista rispetto al passato. Si è sempre avuto la tendenza a pensare che per arginare il gioco avversario, basti attuare delle semplici contrapposizioni in base allo schieramento di gioco avversario, quando in realtà adesso non è più così. La conclusione che ne possiamo trarre è che alla fine è stata una finta partita a scacchi! La finale di Champions League può aver aperto questo nuovo corso, dove le partite verranno preparate lavorando di più sui principi della propria squadra e sul contesto della gara, che sulle soluzioni predefinite. Nel calcio moderno: “Più preparo e meno sono preparato”, perchè l’evoluzione tattica di questo sport ci sta portando sempre più a prendere in prestito le metodologie e i concetti del futsal e del basket, sport dove la tattica viene utilizzata come mezzo per mettere al centro del gioco i campioni lasciando alle loro iniziative individuali le soluzioni per risolvere le partite e non più come unico strumento per raggiungere la vittoria.