La Roma si è arresa alla maggior efficacia della Juventus

Quelle di Allegri e Mourinho sono le due squadre più distruttive del campionato italiano.

Sebbene vengano spesso accomunate, lo scontro diretto di ieri sera ha comunque evidenziato delle differenze, soprattutto in termini di efficacia e nella capacità di controllare lo spazio, difensivamente e offensivamente.

Juventus e Roma hanno mantenuto per buona parte della gara un atteggiamento di pressing simile: blocco a media altezza e l’innesco di corse più aggressive solo sull’arrivo della palla sugli esterni. Entrambe le squadre portavano una mezzala in uscita sul difensore laterale (McKennie su Ndicka e Bove su Gatti). La Juventus è sembrata essere più a suo agio in questa intensità, mentre la Roma ha giocato una partita più conservativa senza palla.

L’atteggiamento speculare delle due formazioni creava una densità strutturale nella fascia centrale del campo, e così entrambe sono finite a costruire sulle catene laterali per risalire il campo, seppure in maniera diversa. La Juventus in costruzione apriva i suoi due difensori laterali Gatti e Danilo, abbassando talvolta Locatelli di fianco a Bremer, con Yildiz che tendeva ad apparire al centro, ma la rotazione più interessante avveniva sulla destra della squadra di Allegri.

Da quel lato, McKennie e Weah scambiavano spesso la loro posizione, aiutati da Gatti, alternandosi nell’occupazione dello spazio interno e di quello esterno. Una situazione che ha creato qualche grattacapo ai giocatori della Roma, con Bove che usciva in pressione su Gatti, Zalewski che si ritrovava alle prese con McKennie e Weah e Ndicka che a quel punto doveva accorciare in avanti lasciando uno spazio attaccabile da Vlahovic in isolamento con Llorente. Se invece Bove rimaneva più basso lasciando campo a Gatti, il difensore della Juventus poteva prendere qualche metro in avanti.

I bianconeri non sono riusciti a creare grossi pericoli in rifinitura da questa dinamica, ma è stato comunque un modo efficace per alzare il proprio baricentro col pallone e giocare nella metà campo avversaria.

Dall’altra parte, la Roma ha provato a scavalcare l’intasamento centrale sfruttando un atteggiamento posizionale abbastanza lineare. Durante la circolazione tra i difensori, i due esterni Kristensen e Zalewski alzavano parecchio la loro posizione fissando i corrispettivi juventini in basso. Nello spazio ai lati del centrocampo bianconero si abbassavano a sinistra Bove e a destra Dybala.

È stato però sulla destra, passando da Dybala, che la Roma è riuscita a portare avanti la maggior parte delle proprie costruzioni. L’argentino è stato a tutti gli effetti il riferimento principale della sua squadra, ma la Roma si è scontrata con un’eccessiva rigidità, che non le ha consentito di creare grossi pericoli.

Il risultato è stato che i giallorossi hanno tentato diverse volte di arrivare in area cercando la palla alta dalla trequarti, senza creare grossi pericoli. I migliori tentativi della Roma sono legati ai momenti in cui Dybala è riuscito ad associarsi internamente (come la triangolazione con Bove nel secondo tempo, sprecata da un controllo sbagliato del centrocampista) o ad arrivare al tiro a ridosso dell’area (quello di esterno sinistro uscito a fil di palo nel primo tempo, e un secondo controllato da Szczesny nel secondo tempo). Il vantaggio di avere Dybala come collegamento in costruzione è quello di riuscire ad arrivare abbastanza agilmente ad aggirare il pressing avversario; così però la Roma lo fa ricevere in zone meno pericolose, più lontano dalla porta, inaridendo tutta la creatività. La coperta è sempre troppo corta.

A rendere le cose più complicate per la Roma è stato sicuramente il gol del vantaggio segnato da Rabiot dopo circa un minuto del secondo tempo. Anche se la rete arriva dal lato sinistro della Juventus, dopo aver guadagnato progressioni soprattutto a destra, si può dire che l’azione è una sintesi di diversi elementi che hanno caratterizzato la partita, rivelandosi poi decisivi. Una Roma non perfetta difensivamente in quell’occasione ha pagato la maggior capacità della Juventus di guadagnarsi lo spazio per arrivare a concludere. Una circostanza rara nella partita, ma che comunque ha dimostrato quanto la Juventus fosse una spanna sopra in termini di intese e movimenti complementari. 

Una volta passata in vantaggio, la Juve ha potuto difendere nella sua comfort zone: 532/541 (in base alla posizione di Yildiz/Chiesa), blocco medio-basso, densità centrale. E’ così che nella ripresa la Roma ha creato appena 0,23 xG (modello di Opta) a causa di un modo di attaccare troppo lineare per impienserire la Juventus, che fa poche cose, ma le fa bene, con voglia e ambizione. La sensazione finale è che i giallorossi avrebbero potuto attaccare per altre sei ore senza mai segnare.