Guida alla Premier League 2024/2025
Dieci domande per conoscere la nuova stagione
Per prepararvi alla nuova stagione, eccovi dieci tra i temi più importanti di questa nuova stagione, dal mercato e non solo.
Anche le inglesi hanno problemi col Fair Play Finanziario?
L’idea che ci siamo costruiti della Premier League come grande bullo del mercato europeo sembra essersi un po’ spenta nell’ultimo anno, non tanto per difficoltà economiche dei singoli club – che rimangono ancora ricchissimi, a parte qualche piccola eccezione – quanto per le loro stesse regole interne.
La Premier League ha adottato le sue regole di sostenibilità – le Profitability and Sustainabilty Rules, PSR – nel 2013 e da allora rispettarle non è quasi mai stato un problema per i club. Per farla estremamente semplice: i club inglesi non possono superare i 105 milioni di sterline di perdita in tre anni. Problemi di questo tipo non si sono mai presentati fino al 2023, quando l’Everton è finito sotto indagine per aver sforato questo tetto nel triennio 2019/2022. Da allora la Premier League ha emesso tre penalizzazioni (due all’Everton stesso, di 4 e 2 punti, e una al Nottingham Forest di 4 punti), con il Leicester che sembra destinato a ricevere la quarta, e con Manchester City e Chelsea ancora sotto indagine.
Sono tutte situazioni diverse, ma forse in Premier hanno capito l’antifona e hanno iniziato a muoversi di meno sul mercato. Everton e Aston Villa, per dire, si sono scambiati due giovani, Lewis Dobbin e Tim Iroegbunam, per una decina di milioni, mentre Newcastle e Nottingham Forest hanno incassato rispettivamente 35 e 20 milioni da Elliot Anderson (una riserva) e Odysseas Vlachodimos (un secondo portiere). Dopo il 30 giugno, scadenza del periodo di controllo per le PSR, le cose sono leggermente cambiate ma in generale la situazione sembra più statica rispetto al passato. Arsenal e Manchester City sono rimaste fin qui quasi invariate, con un solo nuovo acquisto a testa, mentre il Liverpool, nonostante la trattativa per Zubimendi, non ha ancora acquistato nessuno.
Questo del 2024 è stato quindi un mercato più modesto di quelli degli anni scorsi – a una ventina di giorni dalla fine i club hanno speso circa la metà della scorsa estate – e chissà che non sia solo la prima estate in cui lo strapotere della Premier sul mercato sarà meno manifesto.
Chi si è rafforzato di più sul mercato
Una delle prime conseguenze di questo mercato più spento è che nessuna delle grandi – eccetto il Chelsea – è intervenuta con la mano pesante sul mercato. Tra le prime cinque, la squadra che si è mossa di più è stata l’Aston Villa, che ha dovuto fare i conti a sua volta con le PSR venendo costretta a incastrare due scambi di plusvalenze con Everton e Chelsea, e ad essere presa per il collo dalla Juve per Douglas Luiz.
Come quasi sempre nella sua carriera, Monchi – da un anno il DS dei “Villans” – ha approcciato al mercato soprattutto lavorando di quantità. Dall’affare Douglas Luiz, in cui ha dovuto trattare in posizione di debolezza, ha ottenuto due giovani interessanti come Barrenechea e Iling-Junior che potrebbero contribuire ad allungare la rosa.
Contestualmente, l’Aston Villa ha esercitato l’opzione di riacquisto di Jaden Philogene, uno dei migliori esterni della scorsa Championship, per sostituire Zaniolo. Quello dell’inglese è stato sì un affare poco lungimirante – il Villa lo aveva venduto la scorsa estate a circa un terzo dei 16 milioni spesi per riprenderlo – ma che comunque offre un giocatore molto versatile a Emery, che lo potrebbe impiegare sia nella coppia di trequartisti del suo 4-2-2-2 che come esterno a tutta fascia, come fatto in amichevole prima di cederlo nella scorsa estate.
L’acquisto più importante, però, l’Aston Villa l’ha fatto proprio per sostituire Douglas Luiz, investendo una cinquantina di milioni di sterline per Amadou Onana, reduce da un buon europeo con il Belgio e da un’ottima stagione con l’Everton. Con il brasiliano, Onana condivide i compiti in campo, la qualità ottima nella conduzione del pallone e la capacità di resistere bene alla pressione. Pur essendo meno preciso nella distribuzione del pallone e non essendo ancora prontissimo a sostituirlo, il belga sembra avere un upside superiore a quello di Douglas Luiz, dettato anche da delle qualità difensive più sviluppate e dalla maggiore potenza fisica, che lo rende potenzialmente più efficace anche negli inserimenti, su cui il brasiliano è molto cresciuto con Emery ma senza raggiungere ancora picchi eccezionali.
Non meno importante è stato l’acquisto di Ian Maatsen dal Chelsea, che è sì arrivato in uno scambio di plusvalenze – è costato 30 milioni di sterline di cui circa metà recuperati dalla cessione del 18enne Kellyman ai “Blues” – ma che ha anche migliorato sensibilmente la qualità della fascia sinistra, dove Digne e Alex Moreno non hanno dato garanzie né tecniche né fisiche.
Un po’ passato sotto traccia, invece, è l’acquisto del redivivo Ross Barkley, tornato in Premier League lo scorso anno con il Luton, con cui, al netto della retrocessione, ha disputato una delle migliori stagioni della sua carriera. Con gli “Hatters”, l’ex wonderkid dell’Everton ha vissuto un’evoluzione che ricorda quella di Mkhitaryan negli ultimi due anni: è arretrato molto dal suo ruolo storico di rifinitore diventando quasi un box-to-box, che offre supporto alla prima costruzione, porta il pallone su per il campo, si inserisce in area e contribuisce anche in pressione e riaggressione. Il Barkley visto a Luton sembra un incastro perfetto per le idee di Emery, potendo giocare sia al posto di Onana con un ruolo più mobile e di supporto che insieme a lui come centrocampista più posizionale.
Più in generale, il mercato fatto dall’ex DS della Roma si è composto di molte scommesse ma sembra aver raggiunto il suo obiettivo, almeno sulla carta: costruire una rosa più lunga e credibile dello scorso anno, con giocatori che possono rivelarsi utili anche sul lungo termine e che sembrano scelti bene per assecondare le idee di Emery.
E chi si è più indebolito
Se l’Aston Villa ha reagito bene alle cessioni fatte in estate, lo stesso non si può dire del Fulham che, nonostante abbia investito molto (sono arrivati Smith-Rowe dall’Arsenal, Jorge Cuenca dal Villarreal ed è tornato Ryan Sessegnon dal Tottenham), ha anche dovuto affrontare le cessioni di due uomini chiave, ossia Tosin Adarabioyo e Joao Palhinha.
Quella del portoghese è decisamente la più importante tra le due cessioni. Palhinha è stato il miglior giocatore del Fulham negli ultimi due anni nonché uno dei migliori centrocampisti difensivi della Premier League: a livello statistico è stato il giocatore con più contrasti portati degli ultimi due campionati e in generale uno dei migliori per palloni intercettati e respinti e duelli aerei vinti, contribuendo attivamente a mantenere stabile in non possesso una squadra che su questa stabilità ha costruito una salvezza molto tranquilla.
Questa cessione, va detto, non era inattesa. Tuttavia, salvo possibili sviluppi nelle ultime settimane di mercato, il Fulham non comprerà un sostituto e il suo posto verrà preso dall’ex Torino Sasa Lukic che, però, pur avendo una struttura di gioco simile, non ha né la stessa capacità di copertura del campo né la stessa tenuta mentale del portoghese.
Certo non si può dire che il Fulham non ci abbia provato a migliorare la qualità offensiva della squadra: nella scorsa stagione è emerso quasi dal nulla il brasiliano Rodrigo Muniz – 8 gol in 8 partite tra febbraio e marzo – e gli acquisti di Sessegnon e Smith-Rowe sono, pur con qualche riserva sulle condizioni fisiche, due profili che potrebbero aiutarlo a segnare con più continuità, completando una trequarti molto creativa con Andreas Pereira, un altro giocatore che Marco Silva ha ricreato quasi da zero dopo molti anni difficili. Se basterà è tutto da capire.
L’acquisto più interessante
Quelli già citati di Onana all’Aston Villa e Smith-Rowe al Fulham potevano essere due ottimi candidati come acquisti più interessanti del mercato di Premier League, e come questi il ritorno di Adam Lallana a Southampton e gli acquisti di Calafiori da parte dell’Arsenal e Savinho da parte del Manchester City. Il nome scelto, però, è un altro ancora: quello di Mats Wieffer al Brighton, che lo ha preso dal Feyenoord per 30 milioni di euro.
Nel sistema di Slot, Wieffer ha mostrato di poter fare un po’ di tutto: l’olandese è infatti un recuperatore di palloni di altissimo livello – 7.51 per 90’ nell’ultima stagione – soprattutto in fase di pressione e riaggressione, dove ha un’intensità che quasi sfocia nella violenza. Anche in possesso, comunque, Wieffer sa essere molto utile. Nel Feyenoord, infatti, l’olandese ha avuto un ruolo molto importante di raccordo tra la seconda e la terza linea, venendo spesso incaricato di rompere le linee di pressione avversarie con i passaggi o con le conduzioni, mostrandosi molto affidabile in entrambi i casi – con leggera preferenza per i primi, dove può far valere una rapidità di lettura ed esecuzione sopra la media.
Quello di Wieffer sembra un profilo perfetto per il Brighton, che nella scorsa stagione ha sofferto la mancanza di un profilo con la sua intensità e la sua struttura fisica. Purtroppo per Hurzeler – che a luglio ha sostituito il dimissionario De Zerbi in panchina – l’olandese è arrivato con un infortunio, per cui potrebbe aver bisogno di qualche mese per entrare in condizione. Ciononostante, è probabile che impiegherà molto poco tempo a diventare un titolare.
Cosa non è cambiato: la lotta per il titolo
Da quando c’è Pep Guardiola la Premier League è diventata prevedibile. Negli ultimi sette anni sono cambiate tante cose: è cambiato il Manchester City, che è diventato prima più verticale e poi via via sempre più conservativo, sono cambiate le rivali, prima Liverpool e poi Arsenal, ma quasi mai è cambiato il risultato finale.
Nel dominio del City su questo campionato c’è qualcosa di demoniaco: nelle ultime tre stagioni, la squadra di Guardiola è partita in modo meno brillante del solito ma tutte le volte, non appena si è superato dicembre, ha iniziato a vincere praticamente sempre. Nel 2022 la differenza l’ha fatta un solo punto sul Liverpool, nel 2023 cinque sull’Arsenal, nel 2024 due ancora sull’Arsenal; margini sempre sottili ma sempre in favore del Manchester City e tutti costruiti con delle strisce di vittorie ormai diventate una costante del campionato.
In questa stagione gli equilibri non sembrano troppo diversi: il City ha tenuto quasi tutto il suo gruppo, con l’unico cambio rappresentato dalla cessione di Julian Alvarez, sostituito numericamente da Savinho. Guardiola sembra voler cambiare sempre meno della sua rosa: ma questa rosa può sostenere un’altra stagione a questi livelli? La squadra potrebbe essere stata consumata da due anni molto intensi e, in particolare, quello che potrebbe soffrire di più è Rodri, che non è mai stato toccato dal turnover e che, escluse le squalifiche – 4 partite, per altro tutte perse dal City – ha saltato una sola partita negli ultimi dodici mesi, con il risultato che ha ceduto, infortunandosi, proprio nell’ultima della scorsa stagione, la finale degli Europei.
La tenuta fisica dei giocatori di Guardiola è probabilmente la variabile più importante in una lotta per il titolo con l’Arsenal che nella scorsa stagione si è praticamente risolta su una partita – la sconfitta in casa dei “Gunners” contro l’Aston Villa – e in cui, comunque, la distanza tra i club sembra ancora poca.
Dopo le tre sconfitte della stagione precedente – due in campionato e una in FA Cup – a ottobre 2023 l’Arsenal è tornato a vincere uno scontro diretto con il City ed è anche uscito imbattuto negli altri due per la prima volta dal 2015, mostrando di aver raggiunto uno standard molto alto anche al netto di una rosa inferiore e con meno esperienza di quella di Guardiola.
Sul mercato, Edu e Arteta si sono mossi con molta calma, chiudendo solo gli acquisti di Mikel Merino dalla Real Sociedad e Riccardo Calafiori dal Bologna. Se il primo sembra più tentativo di aggiungere ricambi al centrocampo – che ha perso Smith-Rowe e in cui Thomas Partey non dà più garanzie a livello fisico – l’italiano verosimilmente andrà a colmare un buco sulla fascia sinistra che nella scorsa stagione è stato molto pesante, vista l’inaffidabilità tecnica e/o fisica di Kiwior, Tomiyasu e Zinchenko. Come nella scorsa stagione, l’Arsenal ha fatto un mercato di qualità, cercando di puntellare una rosa ancora giovane – solo sei giocatori superano i 27 anni e solo due superano i 30 – ma che nell’ultimo biennio si è consolidata come la seconda forza del campionato.
La possibilità che la squadra di Arteta compia l’ultimo salto in questa stagione non è così remota, ma dipenderà sempre da quanto campo gli lascerà il Manchester City.
Chi potrebbe inserirsi
La presenza del City negli ultimi anni è stato un catalizzatore di crescita anche per le inseguitrici, prima il Liverpool e poi l’Arsenal hanno cercato di staccare il più possibile la concorrenza e il risultato è che in questo momento è difficile vedere una competizione più allargata.
Se già all’inizio della scorsa stagione era abbastanza improbabile aspettarsi un Liverpool in corsa per il titolo fino ad aprile inoltrato, quest’anno lo sembra ancora meno. Va detto che, con la scelta di Arne Slot al posto di Klopp, il Liverpool ha voluto preservare una continuità a livello tattico, prendendo un allenatore che fonda tutta la sua identità di gioco sull’intensità e sull’aggressività in modo a tratti anche più radicale di quanto fatto dallo stesso Klopp negli ultimi anni.
Chiaramente, l’olandese non è Klopp ed è da capire se riuscirà a trovare le stesse intuizioni avute da lui negli ultimi anni – come l’inserimento di Thiago Alcantara nel 2020 e il cambio di ruolo di Alexander-Arnold nel 2023 – per mantenere ad alti livelli una squadra che tende a essere meno aggressiva sul mercato delle altre, che ha due uomini chiave – Salah e van Dijk – ormai in età avanzata e che quest’estate non ha completato neanche un acquisto prima dell’inizio del campionato.
Tolto il Liverpool è difficile vedere una squadra in grado di tenere, anche ipoteticamente, i ritmi delle prime due. L’Aston Villa, che tra le prime cinque è quella che ha fatto più mercato, è probabilmente una squadra migliore della scorsa stagione ma sembra poter costituire un problema più per il Liverpool che per City e Arsenal, mentre il Tottenham non sembra ancora una squadra abbastanza matura per trovare continuità.
Per il Manchester United c’è speranza?
Prima della finale di FA Cup, lo United sembrava tornato già nella sua banter era, ma la vittoria molto convincente con il City e l’arrivo di Ineos in società ha segnato una piccola svolta, con il rinnovo, che sembrava improbabile, di Erik ten Hag.
Per quanto controintuitiva, la scelta dello United ha un suo senso, anche perché consentirà a ten Hag di continuare a ricostruire in modo profondo la rosa dello United. Nei primi mesi di mercato, infatti, lo United ha lasciato andare definitivamente molti giocatori che non sembravano avere più nulla da dare – Varane, van de Beek, Martial – e soprattutto Mason Greenwood, su cui, finalmente, la dirigenza ha preso una decisione forte dopo due anni di procrastinazione. Con queste uscite, lo United ha quasi terminato un lavoro di ripulisti della rosa, inserendo altri due giovani interessanti, Joshua Zirkzee e Leni Yoro, e due profili più consolidati, Mazraoui e de Ligt.
Quelli di Yoro e de Ligt sono due acquisti fondamentali per questa squadra, entrambi andranno ad allungare e arricchire un reparto difensivo molto instabile: Varane, Maguire, Evans e Lindelof si sono mostrati tutti inadeguati per vari motivi – fisici, tecnici, di concentrazione – e la presenza di almeno due titolari che diano garanzie sia nelle letture difensive che in prima costruzione diventerà fondamentale sia per supportare Lisandro Martinez che per sostituirlo se dovesse avere nuovamente i problemi fisici della scorsa stagione.
Non meno fondamentale è la presenza stessa degli altri titolari al meglio: Shaw e Lisandro Martinez, vengono da una stagione difficilissima a livello fisico e questo, combinato con il tracollo fisico di Casemiro, ha creato un bug in costruzione – lo United è stato quasi totalmente incapace ad affrontare la pressione – che ha spinto ten Hag a giocare quasi solo su transizioni lunghe, dovendosi però anche affidare a un blocco basso che è rimasto spesso vittima dei blackout di concentrazione dei centrali.
Nel generico disastro della scorsa stagione sono però venuti fuori due giovani – Kobbie Mainoo e Alejandro Garnacho – che hanno portato delle inattese soluzioni alle difficoltà dello United sia a muovere il pallone in fase di possesso che a ribaltare rapidamente il campo in transizione. Entrambi inizieranno la stagione come titolari e da loro è legittimo aspettarsi un miglioramento ulteriore.
Valutare il livello dello United è molto difficile: l’organico di ten Hag è molto lungo e molto forte – potenzialmente da primi quattro posti e forse anche da primi tre – e con margini di crescita interessanti ma anche incompleto e molto dipendente da profili – Shaw e Martinez su tutto – che non danno garanzie a livello fisico. Inoltre, Yoro si è infortunato al piede nella seconda amichevole giocata e rimarrà fermo fino a fine 2024, per cui ten Hag dovrà nuovamente affidarsi subito a de Ligt – nonostante sia arrivato da pochissimo – per non rimettere uno tra Maguire, Lindelof e Jonny Evans, non un bel modo con cui iniziare la stagione.
Il Chelsea è completamente imprevedibile
Dopo gli ultimi due anni, prendere sul serio il Chelsea è diventato molto difficile: nell’inverno e nell’estate 2023 i “Blues” hanno ritoccato al rialzo i due record di investimenti nel calciomercato e dall’estate 2022 hanno speso più di un miliardo in nuovi acquisti, cambiando cinque allenatori e raccogliendo un dodicesimo e un sesto posto.
In questa estate il Chelsea ha raggiunto delle vette di caos societario spaventose: a fine stagione, nonostante un 2024 ottimo, Pochettino è stato messo alla porta dalla dirigenza, con la motivazione di voler iniziare un progetto tecnico con un allenatore più giovane, scelta che sembrava simile a quella presa – e rigettata rapidamente – con Graham Potter nel 2022.
In panchina è quindi arrivato Enzo Maresca, che ha riportato il Leicester in Premier League nella scorsa stagione. Il suo incastro non sembra però particolarmente promettente, anche perché, a tre settimane dalla fine del mercato, l’ex vice di Guardiola si trova a gestire una rosa di oltre 40 giocatori, con la necessità di arrivare a 25 per i regolamenti della Premier League. Nonostante questo, i Blues hanno speso altri 120 milioni sul mercato, prendendo Pedro Neto dal Wolverhampton, Tosin Adarabioyo dal Fulham, Dewsbury-Hall dal Leicester e Filip Jörgensen dal Villarreal, oltre a una serie di Under 20 – Omari Kellyman, Renato Veiga, Caleb Wiley e Marc Guiu – che verosimilmente dovranno essere dispersi in prestito o allo Strasburgo, club satellite dei “Blues”.
Pur avendo dominato a lungo la Championship, Maresca sembra ancora un allenatore ancora un po’ ingenuo e rigido per sostenere una squadra che ha ambizioni di giocare in Europa. Anche nel Leicester, dove aveva il vantaggio di una rosa spropositatamente superiore, ha avuto difficoltà a mantenere alto il livello della sua squadra per tutta la stagione, con un momento di flessione pesante a metà febbraio che ha rischiato di mettere in discussione la promozione diretta. Anche la fama di personaggio inflessibile che sembra essersi costruito in questi anni rischia di essere un boomerang in un gruppo storicamente problematico e che, come ciliegina sulla torta, è reduce dal caso diplomatico dei cori razzisti e transfobici di Enzo Fernandez dopo la vittoria in Copa America con l’Argentina, che hanno portato a una lite tra lui e i francesi Fofana e Disasi.
Tutte queste variabili rendono la stagione del Chelsea completamente impossibile da leggere. Le strategie del club sembrano mosse dalle migliori intenzioni e, in un contesto sano, potrebbero anche portare i “Blues” a competere per la qualificazione in Champions League – nonché per la vittoria della Conference – ma gli ultimi anni ci hanno mostrato come lavorare al Chelsea significhi dover fare i conti con la totale mancanza di equilibrio della sua dirigenza.
La storia della stagione: l’Ipswich Town
Tre anni fa, l’Ipswich Town era in League One, con un debito di 100 milioni di sterline e con lo stadio e il centro di allenamento che crollavano a pezzi. Oggi, l’Ipswich Town è in Premier League, le sue strutture di allenamento sono state ammodernate, Portman Road è in mano agli operai per la ristrutturazione e il debito del club è stato risanato.
Il volto della risalita dell’Ipswich è quello di Kieran McKenna, ex vice di Mourinho e Solskjaer. McKenna ha costruito, pur avendo poche risorse, una squadra molto identitaria: da neopromosso Championship, con un 4-2-3-1 nominale, l’Ipswich inizia con una costruzione 4+2 che, a possesso consolidato, si articola in un 2-3-5 in cui diventano cruciali le coppie formate dai due giocatori di maggiore qualità della squadra, il trequartista Conor Chaplin e il terzino sinistro Leif Davis, con gli esterni di parte.
Entrambi, potenzialmente, finiranno a combinare con il 2003 Omari Hutchinson. Il giocatore di origini giamaicane è uno degli esterni più interessanti del panorama britannico: ha un fisico molto leggero e cerca spesso il dribbling, mantenendo una grande leggerezza nei movimenti. Alla sua prima stagione da professionista, in Championship, ha segnato 10 gol e offerto 5 assist, confermando le sue qualità strepitose in dribbling e guadagnandosi anche il riscatto dal Chelsea per 20 milioni.
Quello di Hutchinson è diventato l’acquisto più costoso della storia del club, che ha fatto un mercato un po’ rischioso ma anche interessante, con l’emergente centrale Jacob Greaves dell’Hull City, il centravanti delle giovanili del City Liam Delap – figlio di Rory – e altri nomi di categoria, come Ben Johnson dal West Ham e il portiere Muric dal Burnley.
Al netto degli investimenti e della stagione molto convincente in Championship, l’Ipswich non sembra una squadra spendibile per la salvezza, ma un’eventuale retrocessione non renderebbe meno bella la storia di questa squadra e di Kieran McKenna.
Tre giocatori da tenere d’occhio
Oltre a tutti i nomi fin qui citati vale la pena seguire altri tre giocatori, in quelle che potrebbero essere le loro stagioni di consacrazione.
Difensore centrale: Jarrad Branthwaite – Everton
Già nella scorsa stagione, la sua prima in Premier League, Branthwaite è stato tra i migliori centrali del campionato in tutte le metriche difensive – contrasti tentati, duelli aerei vinti, palloni intercettati – e anche visivamente sembra un giocatore sovradimensionato per la lotta salvezza. Nell’Everton, Branthwaite è il difensore più aggressivo della coppia: essendo un difensore di quasi due metri può fare leva su una falcata notevole e una grande potenza fisica per rompere la linea e uscire forte sugli avversari, ma non è solo questo. Nell’Everton si è visto poco della sua capacità di distribuzione vista l’estrema verticalità della squadra, ma l’inglese ha una buona qualità nei passaggi ed è verosimile che potrà emergere in un contesto che ha più interesse a gestire il pallone.
In estate il Manchester United ha provato ad acquistarlo, rinunciando solo davanti alla richiesta di 70 milioni di sterline dell’Everton. Per Branthwaite forse è più conveniente rimanere un altro anno a Liverpool per completare la sua maturazione, lavorando un po’ sulle letture ed eventualmente tentare il salto nella prossima stagione, quando probabilmente sarà anche entrato nel giro della Nazionale.
Mediano: Adam Wharton – Crystal Palace
Wharton è uno di quei giocatori che gioca in verticale e influisce sul gioco. Nel salto dalla Championship alla Premier questa sua qualità non è andata persa. Nel Palace, Wharton agisce come un regista mobile, spesso affiancato da un centrocampista più posizionale come Hughes, dimostrando di essere molto attivo anche in fase di non possesso. Statisticamente parlando, l’inglese ha ottimi volumi di contrasti portati e palloni recuperati, anche con dei margini di miglioramento, vista l’irruenza che a volte porta nei duelli.
In questa stagione Wharton potrà contare su altri mesi di lavoro con Glasner e, probabilmente, sulla presenza di un compagno di reparto di livello più affidabile come Cheick Doucouré. A lui servirà un altro passaggio di crescita in possesso, che affianchi al suo gioco verticale anche maggiore affidabilità sul corto e un po’ di pulizia negli interventi difensivi.
Punta: Taiwo Awoniyi – Nottingham Forest
Taiwo Awoniyi è un centravanti molto divertente da vedere: pur superando appena il metro e ottanta ha un fisico molto massiccio e difficile da spostare, motivo per cui sia Cooper che Nuno Espirito Santo hanno puntato molto su di lui per tenere su e pulire i palloni lanciati via dalla difesa.
Come finalizzatore, Awoniyi è abbastanza particolare: è molto bravo a lavorare di posizionamento e a costruirsi le occasioni con i suoi movimenti ma non ha una meccanica di calcio particolare raffinata, con il risultato che tutti i suoi gol sembrano un po’ goffi, spesso di prima, con tocchi sporchi e da breve distanza.
Pur con un’estetica rivedibile, nelle ultime due stagioni di Premier League Awoniyi ha segnato 16 gol in 2500 minuti e da poco più di 10 Expected Goals. Anche al netto dei numeri, il nigeriano è un attaccante che vale la pena guardare per il modo in cui usa il fisico – guardate qui come sposta Saliba, per esempio – una qualità che in Premier League non è scontato riuscire a far valere, soprattutto per un attaccante.
Nelle scorse stagioni, il nigeriano ha avuto numerosi problemi fisici, ora la speranza per lui e per il Forest è che se li sia dimenticati.