GENOA, ITALY - MAY 26: Giovanni Carnevali c.e.o. of Sassuolo looks on prior to kick-off in the Serie A match between UC Sampdoria and US Sassuolo at Stadio Luigi Ferraris on May 26, 2023 in Genoa, Italy. (Photo by Simone Arveda/Getty Images)

La meritata retrocessione del Sassuolo

Ci eravamo abituati a un Sassuolo in grado di vendere sempre bene i propri pezzi pregiati rimpiazzandoli con calciatori altrettanto validi ma quest’anno più di qualcosa è andato storto.

La Mapei, colosso della chimica e dei materiali edili, entra nello sport negli anni Novanta con una squadra di ciclismo che vince tutto. Poi all’inizio del nuovo millennio entra nel calcio e compra il Sassuolo in Serie C2. A furia di promozioni nel 2013 lo porta per la prima volta nella storia in Serie A. E quando lo fa e deve trovare un posto in cui giocare si compra lo stadio di… Reggio Emilia. Lo fa rilevandolo dal curatore fallimentare, come spesso accade nel mondo del calcio. E lo fa sfrattando la legittima squadra cittadina, cui viene poi affittato ma che nei calendari dei campionati è messa in seconda fila. Uno dei pochissimi casi al mondo in cui la squadra di una città per giocare si compra lo stadio di un’altra città, più comoda da raggiungere.

Lo 0-2 casalingo contro il Cagliari sancisce la retrocessione in serie B del club neroverde al penultimo posto in classifica. Dopo undici anni consecutivi in Serie A, conditi da un sesto posto e una storica qualificazione in Europa League e dal lancio di tutta una serie di allenatori e giocatori che dopo Sassuolo avranno carriere più o meno rispettose del grande hype suscitato in maglia neroverde. E dei soldi che sono costati. Nessuno poteva ipotizzare una stagione così negativa. Perché è vero che Domenico Berardi è stato a disposizione per soli quattro mesi e che la scorsa estate, per finanziare gli acquisti, è stato sacrificato Davide Frattesi. Ma questa rosa per quanto costa, per quanto è stata pagata, non c’entra nulla col penultimo posto in classifica.

Il Sassuolo (dati ‘Transfermarkt’) è costato oltre 159 milioni di euro. E’ l’ottava rosa più costosa della Serie A, è stata pagata quaranta milioni di euro in più del Bologna che si è qualificato in Champions League. Ma soprattutto è costato anche di più della Lazio o del Torino, club dal blasone nettamente superiore. Si tratta di acquisti che sono stati finanziati ogni estate partendo da cessioni illustri, è vero, ma che hanno anche portato il Sassuolo in una dimensione da media borghesia del calcio italiano. Lo spiega chiaramente il dato relativo al monte-ingaggi: il Sassuolo è decimo in questa graduatoria e anche in questo caso davanti al Bologna. Ed è proprio qui che la favola comincia a mostrare le prime crepe.

DENTRO LA RETROCESSIONE: IL FALLIMENTO DELL’ESPERIMENTO FINANZIARIO DEL DIRETTORE GENERALE CARNEVALI

Dopo una serie di bilanci in attivo, dovuti principalmente al mercato dei calciatori con le grandi squadre, il Sassuolo oggi è in rosso. Il risultato netto negativo è di 7 milioni. Non è la prima volta ed è un rosso abbastanza irrisorio. Nulla a che vedere con gli oltre 100 milioni che perdono Juventus e Roma, o con gli 85 dell’Inter o i 65 del Monza. Ma è indicativo che il Sassuolo sia in perdita nonostante le solite plusvalenze. Quest’anno una cinquantina di milioni sono entrati solo da Raspadori e Traoré. E nonostante la iper-sponsorizzazione da 30 milioni del proprietario Mapei. Una cifra da top club che ha portato il club neroverde a mostrarsi troppo per quello che era: un esperimento economico. Una formula sintetizzata da specialisti la cui missione, inevitabile e necessaria era minimizzare le perdite e massimizzare i profitti. Il Sassuolo questo è stato, sempre e comunque, dall’inizio alla fine, nella buona e nella cattiva sorte.

E la cattiva sorte alla fine è arrivata, ovviamente. Il calcio ormai è capitalismo, e il tardocapitalismo vive in cicli sempre più veloci e più corti, di espansione-contrazione di se stesso. Sapendo ciò, c’è da stupirsi di quanto lungo sia stata la fase di espansione del Sassuolo e di quanto questa società sia riuscita a rimandare l’arrivo della fase di contrazione. Ma si sa, il capitalismo genera le sue stesse contraddizioni, causa i suoi stessi fallimenti, aggrava la sua stessa malattia. E così è stato anche per il Sassuolo: chi di player trading ferisce, di player trading perisce, si potrebbe dire. A furia di farlo meglio di tutti, il Sassuolo è finito a farlo troppo e basta. Anche questo è un errore certamente criticabile ma assolutamente comprensibile: quando si incassano duecento milioni di euro in due stagioni cedendo Frattesi, Locatelli, Raspadori, Traorè, Scamacca, Boga, etc., ci si immagina gli appetiti insaziabili dai quali si viene travolti in sede di mercato, viene da capire la hybris incontrollabile con la quale si finisce a osservare il mondo.

Il Sassuolo ha pensato di essere diventato non solo maestro del gioco, banco e mazziere, ma incarnazione dello stesso, suo simbolo: oggi si fa così e noi siamo così, sembrava dire il Sassuolo negli anni in cui la sua fase di espansione sembrava non incontrare ostacoli, non conoscere fine. È questo il motivo per il quale il direttore generale Carnevali merita più di tutti questa retrocessione: perché nel suo approccio gioioso alla finanziarizzazione del calcio, nel modo in cui ha tentato di riscrivere la plusvalenza non come operazione di mercato ma come prova di amicizia tra club, sta la sicurezza diventata arroganza con la quale il Sassuolo ha giocato il suo gioco. Se agli altri serve una mano, noi siamo a disposizione, questo il messaggio lanciato da Carnevali nella scorsa estate. Messaggio che in realtà ne nascondeva un altro: noi del Sassuolo siamo i migliori a fare quello che facciamo, anche se quello che facciamo non è piacevole. E cosa ha fatto il Sassuolo in questi dieci anni? Comprato a poco, venduto a tanto, speso il giusto, guadagnato più del possibile; così fan tutte e noi lo facciamo meglio. Nei momenti in cui la sua espansione sembrava destinata a perpetuarsi in eterno, il Sassuolo ha pensato di essere la versione, sì piccola e provinciale ma comunque funzionante ed efficace, di altre incarnazioni del capitalismo calcistico: il Lipsia, magari. E in effetti quanto sarebbe calzata a pennello la dicitura Red Bull Sassuolo?

Ma la fase di contrazione alla fine è arrivata, inevitabile e brutale. E tutte le certezze acquisite, tutte le arroganze guadagnate, si sono rivoltate contro il Sassuolo. Anche se, si potrebbe dire che la fine del Sassuolo è iniziato quando è venuto meno al suo stesso modello: quando ha cominciato a cedere troppo, e troppo spesso, a incassare tanto ma a spendere comunque troppo (soprattutto in ingaggi). Il record negativo di Consigli, che diventa in questa stagione disgraziata il portiere più battuto della storia della Serie A, è il dato definitivo della fase di contrazione.

Chissà se il dg Carnevali sta rimpiangendo le lunghe estati da mercante in fiera passate a commentare sorridente le cessioni strapagate dei suoi calciatori.