Le ragioni dietro la crisi senza fine del Manchester City
E’ la fine del vero Manchester City di Guardiola?
Il Manchester City sta attraversando uno dei momenti più critici della sua storia recente: sotto la guida di Pep Guardiola, la squadra che ha dominato il calcio inglese e internazionale negli ultimi anni si trova ora a fare i conti con una crisi che ha scosso le sue fondamenta. I Citizens, che hanno abituato tifosi e avversari a un calcio spettacolare e vincente, sembrano aver perso identità, fiducia e solidità. Questo momento si manifesta in una serie di risultati negativi che raccontano di una squadra irriconoscibile. Incappata in cinque sconfitte consecutive tra Premier League, Champions League e coppe nazionali.
L’ultimo episodio emblematico è stato il pareggio per 3-3 maturato ieri sera contro il Feyenoord in Champions. Una partita che sembrava già vinta al minuto 75 con un vantaggio di tre gol ma che si è conclusa con una clamorosa rimonta degli olandesi. Questo risultato non solo ha messo a nudo le fragilità del Manchester City, ma ha anche segnato un record negativo. Mai nella storia della competizione una squadra con un vantaggio di tre reti così avanti nella partita aveva mancato la vittoria.
Negli ultimi mesi, Pep aveva pronunciato più volte il suo desiderio di allenare una nazionale. Per lui si erano ipotizzate le guide di Brasile, Spagna e perfino dell’Inghilterra. Tuttavia, ha deciso di legarsi al Manchester City per altri due anni. Giunto nella Premier League nel 2016, Guardiola completerà così un’intera decade al fianco del Manchester City.
Dopo aver vinto praticamente tutto e conquistato un irripetibile treble nel 2023, la sua scelta di legarsi ancora al Manchester City comincia ad assumere, per la prima volta, i connotati di una vera scommessa. L’aver instaurato un dominio sportivo senza precedenti ha fissato gli standard del Manchester City a un’altezza inconcepibile, rendendo la conferma del proprio status di campione sempre più difficile da prolungare. In più, la dirigenza citizen ha commesso una serie di errori nel corso degli ultimi due anni, ed è proprio da questi passi falsi che nasce questo periodo di forte crisi che ha fatto interrogare il mondo sulla possibilità che il ciclo di Guardiola al Manchester City sia giunto al termine.
Questo rinnovo giunge nel momento peggiore della sua avventura al Manchester City. Seppur sia una notizia che lascia respirare l’ambiente, promettendo per altri due anni una certa stabilità al club, non deve distogliere l’attenzione sui problemi accusati in questo inizio di stagione.
A Manchester si riscrive la storia, ma in negativo: è crisi
Le cinque sconfitte consecutive del Manchester City hanno conquistato il loro spazio sulla scena mediatica non per caso.
Il Manchester City, spesso considerato un modello di efficienza tattica e di continuità, ora si trova a fronteggiare problemi su più fronti. Uno degli aspetti più evidenti è la fragilità difensiva. Un fattore che contrasta con la solidità mostrata nelle stagioni precedenti. Per la prima volta sotto la gestione di Guardiola, la squadra ha subito almeno due gol in sei partite consecutive. Un dato che non si vedeva dal 1962/63. Anno in cui il City retrocesse in Second Division. La sconfitta per 4-0 contro il Tottenham, subìta in casa all’Etihad Stadium, ha rappresentato il punto più basso di questa crisi.
Nonostante il possesso palla e il controllo del gioco, caratteristiche che hanno sempre contraddistinto il Manchester City, errori individuali e collettivi stanno costando caro. Contro il Feyenoord, un regalo della difesa ha innescato il primo gol avversario, che a sua volta ha dato fiducia agli olandesi e messo in crisi la tenuta mentale dei giocatori di Guardiola. Questo pattern di crolli improvvisi suggerisce che il problema vada oltre la tattica. Toccando aspetti psicologici e motivazionali.
Nel merito della questione, il Manchester City 2024-25 sembra soffrire di alcuni problemi strutturali, provenienti da alcuni errori pregressi e più in generale profondi. Sarebbe una sorpresa se il Manchester City uscisse da questo periodo di crisi nel breve periodo. Perché non solo il City sembra meno pericoloso nelle proprie transizioni offensive, ma sembra aver smarrito quella solidità difensiva che lo aveva caratterizzato nelle ultime due stagioni.
Non bisogna cadere nell’errore di ritenere la crisi attuale limitata esclusivamente o principalmente dall’assenza di Rodri. Questa crisi si fonda su due questioni che coinvolgono direttamente la dirigenza del Manchester City e le idee di Guardiola: certo, il mancato arrivo di un sostituto di Rodri è una metonimia perfetta per riassumere gli errori sul mercato dell’ultimo biennio; allo stesso tempo, però, va riconosciuto che Guardiola non abbia saputo plasmare una nuova identità tattica per la sua squadra dopo la vittoria della Champions League.
Dalle assenze al mercato “sufficiente”: Manchester City in crollo?
Questa crisi di risultati, come detto in precedenza, segue il grave infortunio subito da Rodri. Già l’anno scorso era stato evidenziato come l’assenza del centrocampista avesse fatto sprofondare il rendimento del Manchester City, ma nonostante questo la dirigenza non ha compiuto nulla per permettere di sostenere un eventuale infortunio del centrocampista spagnolo.
Inoltre, hanno certamente avuto un impatto significativo anche i ripetuti infortuni di giocatori chiave come Kevin De Bruyne, Ruben Dias e John Stones. Questi infortuni non solo riducono le opzioni a disposizione di Guardiola, ma compromettono anche la coesione della squadra, costringendo il tecnico a sperimentare soluzioni alternative che spesso non funzionano.
Anche il mercato estivo del City ha sollevato dubbi. Dal treble 2022-2023, anno in cui Rodri è diventato imprescindibile, le sessioni del calciomercato del Manchester City non sono state all’altezza delle esigenze della squadra: fatto incomprensibile, considerate le ampie possibilità economiche della proprietà emiratina. Fra le altre cose, il club ha incassato grandi cifre dalle proprie cessioni: da Cole Palmer al Chelsea per £40 mln fino a Julian Alvarez all’Atletico Madrid per £90 milioni, più le cessioni remunerative di Mahrez e Laporte in Arabia Saudita. Si può dire che da quando il City ha conquistato il treble abbia assunto una postura più sobria nel calciomercato, o più sostenibile come direbbero gli esperti.
Dalla squadra capace di vincere la Champions League, la dirigenza del City ha saputo aggiungere a quella squadra soltanto un giocatore di altissimo livello: Josko Gvardiol. Tutti gli altri acquisti, invece, si sono rivelati nella migliore delle ipotesi delle buone rotazioni o dei jolly a partita in corso, nel peggiore dei casi degli oggetti misteriosi. Va detto che la rosa a disposizione di Guardiola rimane comunque fra le migliori in Europa: non a caso, nella stagione precedente è arrivata la quarta Premier League di fila ai danni dell’Arsenal di Arteta. Tuttavia, se le difficoltà vissute nella scorsa stagione sono state superate principalmente per inerzia e per le individualità del City, la stagione 2024-25 rischia di sanzionare più aspramente la placidità della strategia degli sky blues.
Il ritorno di Ilkay Gundogan, seppur utile per l’esperienza, non ha colmato la lacuna lasciata dalla partenza di Julian Alvarez, trasferito all’Atletico Madrid. L’inserimento di giovani come Savinho ha portato freschezza, ma il brasiliano si è dimostrato ancora acerbo nei momenti chiave. Inoltre, il carico di lavoro su Erling Haaland, evidenzia una dipendenza eccessiva dal centravanti norvegese, il cui rendimento è stato spesso l’unico fattore positivo in una stagione finora deludente. L’infortunio di Rodri, certamente sfortunato ma fisiologico considerato il suo continuo impiego, dimostra che la scelta di non aver acquistato un centrocampista di riferimento centrale a sostituzione dello spagnolo sia stata semplicemente scellerata. In merito, si parla di Martín Zubimendi, centrocampista della Real Sociedad e della nazionale spagnola valutato per £60 milioni dalla sua stessa clausola. Il suo acquisto, però, non sarebbe comunque sufficiente: durante l’ultima sosta per le nazionali si è infortunato anche Mateo Kovačić. Ad oggi, Guardiola non ha disposizione un solo centrocampista centrale.
Più in generale, l’età media del Manchester City è la quarta più alta in tutta la Premier League con la media di 26.9. Solo Fulham, Everton e West Ham sono più vecchie.
In sostanza: il City non solo ha ridotto la propria capacità di spesa, ma quando ha investito lo ha fatto inaspettatamente male. Oltretutto, ha ceduto due dei suoi talenti piuttosto luminosi: Julian Alvarez e Cole Palmer. Quest’ultimo a una concorrente del suo stesso campionato. Se già mantenersi a questo livello è complicato, se si comincia a cedere a cuor leggero giocatori del genere, il gioco diventa difficile anche per il mazziere.
Guardiola non ha saputo costruire una nuova identità
Non bisogna, però, cadere nell’errore di ritenere la crisi attuale limitata esclusivamente o principalmente dall’assenza di Rodri. Questa crisi si fonda su due questioni che coinvolgono direttamente la dirigenza del Manchester City e le idee di Guardiola: certo, il mancato arrivo di un sostituto di Rodri è una metonimia perfetta per riassumere gli errori sul mercato dell’ultimo biennio; allo stesso tempo, però, va riconosciuto che Guardiola non abbia saputo plasmare una nuova identità tattica per la sua squadra dopo la vittoria della Champions League.
Il City capace di battere l’Inter nella finale di Istanbul era una squadra accorta, inscalfibile, talmente ossessionata dal controllo del pallone da preferire una minor produzione offensiva pur di schierare quattro difensori centrali puri in campo e non mostrarsi vulnerabile agli avversari. Quella squadra aveva raggiunto un equilibrio che si rifletteva nel sacrificio di una mole offensiva espansa e travolgente, tipica del primo City di Guardiola, a favore di una solidità difensiva praticamente incrollabile.
Proprio dalla difesa ricaviamo le difficoltà maggiori citizen. Nella serie di sconfitte consecutive che hanno mandato il City in crisi, si è assistito a quattro coppie di centrali diverse, di cui due completamente inedite: Dias-Stones in Carabao Cup contro il Tottenham; Akanji-Aké nella trasferta di Bournemouth; Akanji-Simpson-Pusey nella sconfitta per 4-1 contro lo Sporting Club; Gvardiol-Simpson-Pusey contro il Brighton in Premier League.
Complici gli infortuni simultanei della coppia Dias e Stones, Guardiola si è ritrovato improvvisamente costretto a far debuttare in prima squadra Simpson-Pusey, classe 2005. Seppur sia un talento promettente, è inevitabile ammettere che questa situazione abbia contribuito a rendere il Manchester City privo di un pezzo delle sue certezze, dunque più fragile. Una fragilità ritrovata anche dal modo in cui sono maturate alcune delle quattro sconfitte consecutive: lo Sporting Club ha trovato due reti in soli tre minuti, fra il 46′ e il 49′, il primo da uno sfondamento centrale di Araujo, il secondo da un rigore di Gyökeres procurato appena un minuto dopo il vantaggio; il Brighton ha saputo rimontare il goal iniziale di Haaland con le reti di Pedro e O’ Riley in appena cinque minuti fra il 78′ e l’83’.
Le statistiche parlano chiaro: né fortuna né caparbietà per i Citizens
Nonostante questi numeri, il Manchester City di mister Guardiola non riesce a concretizzare le occasioni che crea, sollevando quella che è una crisi anche numerica. I dati sugli expected goals (reti previste) mostrano che la squadra avrebbe dovuto segnare più gol di quelli effettivamente realizzati. Mentre gli expected goals against (al contrario, le reti avversarie previste) indicano che gli avversari stanno capitalizzando oltre le aspettative. Un chiaro segnale di fragilità difensiva e di calo di rendimento del portiere. A peggiorare il quadro è l’aspetto mentale, dove lo stesso Guardiola ha mostrato segni di tensione, arrivando a presentarsi in conferenza stampa con graffi sul viso, che ha spiegato essere stati causati da un episodio di autolesionismo. Questo gesto simbolico riflette il peso della pressione su un tecnico che non è abituato a gestire periodi così prolungati di crisi. La squadra sembra incapace di reagire e di trovare il carattere necessario per uscire da questa situazione. Schiacciata dal peso delle aspettative e dalla paura di compromettere la stagione.
Manchester City: Guardiola attende il Liverpool per uscire dalla crisi
Dunque è anche una questione mentale, un’incapacità di mantenere alta l’intensità e l’attenzione necessaria per sopperire a un assetto evidentemente deficitario e problematico. Un problema gravoso, sintomo di una legittima sazietà, spettro che Guardiola ha sempre avuto premura nel scongiurare in ogni modo. E non è poi così assurdo immaginare che sia stato uno dei motivi che hanno spinto al tecnico catalano a prolungare il proprio contratto con il club, in modo tale da restituire un Manchester City all’altezza della caratura del suo allenatore e capace di rendergli omaggio con un degno saluto d’addio.
Il calendario non è clemente con il Manchester City, che si prepara ad affrontare il Liverpool, capolista della Premier League, in uno scontro diretto che potrebbe decidere il destino del campionato. Una sconfitta potrebbe portare i Citizens a -11 dalla vetta dopo appena tredici giornate. Una distanza che appare quasi incolmabile considerando la concorrenza e il momento negativo della squadra. Tuttavia, una vittoria potrebbe rappresentare il punto di svolta tanto atteso. Ridando fiducia a un gruppo che ha urgente bisogno di ritrovare compattezza e convinzione.
Il talento non manca al Manchester City, ma questa crisi dimostra che nemmeno una delle squadre più forti al mondo, guidata da Pep Guardiola, è immune a cali di rendimento quando vengono a mancare solidità e coesione. Il mister spagnolo dovrà attingere a tutta la sua esperienza e al carisma per riportare il City ai livelli che gli competono. Perché la stagione è ancora lunga, ma il tempo per invertire la rotta sta per scadere. Il rinnovo di Pep Guardiola alla guida di Manchester City è a tutti gli effetti una scommessa. Ma se c’era qualcuno che poteva accogliere una sfida del genere, questo era soltanto proprio Pep Guardiola.