Football match in stadium: Penalty kick

Rigori e fattori di influenza psicofisici

Uno studio di Geir Jordet, PhD e docente presso la Norwegian School of Sport Sciences, ha cercato di mappare con razionalità e teoria la situazione più casuale del gioco del calcio.

Introduzione

Vista la mancanza di letteratura scientifica riguardo ai fattori di influenza contingenti ad un’eliminazione ai calci di rigore in un torneo internazionale di calcio, le fonti d’informazione alternative – come per esempio la narrativa autobiografica – possono fornire direzioni utili per una ricerca contestuale del fenomeno. Pertanto, vista l’importanza data allo stress associato all’esecuzione dei calci di rigore, la componente psicologica ricopre un ruolo fondamentale per il risultato finale di ogni rigore battuto. Nonostante non siano mai state condotte delle ricerche specifiche sulla relazione fra i processi psicologici e il risultato dei calci di rigore in fase di eliminazione diretta, alcuni ricercatori hanno dimostrato l’influenza dei processi cognitivi sull’esecuzione di un singolo rigore. In particolare, i portieri utilizzano informazioni avanzate per anticipare le intenzioni del rigorista come: la posizione del piede di battuta, quella del piede d’appoggio e l’inclinazione di busto e anche. Tali risultanze incoraggiano un maggiore approfondimento su altri fattori psicologici coinvolti nel processo dei tiri di rigore.

L’importanza del risultato è indicativa dei livelli di stress e ansia provati dai calciatori e questo studio tenta di discriminare le situazioni stressanti da quelle non stressanti a partire dalla rilevanza del momento. Determinando il passaggio del turno o la vittoria finale di una competizione, i calci di rigore sono percepiti come un evento cruciale. Nei tornei internazionali, l’importanza di ogni singolo rigore è aumentata dalla presenza dei tifosi allo stadio, ma anche dai dati televisivi che raccoglie l’evento. In questo senso, i Mondiali, che già nel 2002 erano visti da 1.1 miliardi di persone (un quinto della popolazione mondiale), sono il contesto maggiormente stressante, seguiti da Europei e Copa América.

Nell’unico studio riguardo l’eliminazione ai rigori nel calcio, McGarry e Franks (2000) hanno condotto una simulazione computerizzata delle probabilità di andamento di una serie di rigori a seconda dell’ordine di battuta. La simulazione è stata condotta a partire da dati empirici raccolti sulle serie a rigori giocate ai Mondiali dal 1982 al 1998 e agli Europei del 1996. La simulazione si basava su alcune supposizioni. In primis, l’importanza dei rigori aumentava col progredire della serie. Il risultato dei rigori precedentemente calciati e lo stato di avanzamento della serie influenzano i livelli di ansia provati dai calciatori. I ricercatori si aspettavano una maggiore occorrenza di errori nelle fasi finali della serie. I dati raccolti dalla simulazione hanno parzialmente confermato quest’ipotesi. Infatti, la variazione sulle percentuali di realizzazione dei singoli rigori battuti lo dimostra: 77.8%, 80.6%, 86.1%, 72.0% e 50.0% rispettivamente dal primo al quinto rigore. Tuttavia, tali percentuali possono essere influenzate dalla scelta dei battitori da parte degli allenatori, che tendenzialmente scelgono i migliori per primi. Purtroppo, le serie a rigori disputate nei tornei precedenti agli Europei del 1996 non sono state incluse nello studio di McGarry e Franks.

Un altro fattore molto considerato per il risultato della serie è la tecnica di tiro. Anche se ci sono evidenze che dimostrano che l’abilità del portiere è collegata all’anticipazione, e di conseguenza al risultato del calcio di rigore, la relazione fra l’inclinazione alla finalizzazione e il risultato del rigore è da dimostrare empiricamente. Sul piano concettuale, segnare un calcio di rigore dipende da due fattori: uno tattico e uno tecnico. Tatticamente, il battitore può scegliere se calciare a destra, a sinistra o se restare al centro, se alzare la palla o tirare a rasoterra, se scegliere immediatamente un angolo o aspettare una reazione del portiere. La tecnica, invece, è ciò che permette al rigorista di eseguire la decisione tattica nel modo più efficace possibile, ossia calciare con forza e precisione ottimali. Stranamente, molti giocatori e allenatori non sembrano dare troppa importanza all’abilità di tiro quando si tratta di battere un rigore ritenendo che il risultato dipenda maggiormente dal caso (Robson 1998). Di conseguenza, allenatori e giocatori spesso riportano di non esercitarsi sui rigori durante le sessioni di allenamento.

Infine, la stanchezza potrebbe avere un impatto negativo sulla performance dei giocatori impiegati nelle serie a rigori. L’eliminazione ai rigori viene disputata solo dopo 120 minuti di gioco e diversi studi hanno dimostrato la propensione dei giocatori a correre con più intensità durante la prima metà di partita (Mohr et al, 2003). Evidentemente, l’accumulo di stanchezza cresce sul finire della partita e per questo è lecito aspettarsi un impatto ancora maggiore sui 120 minuti. Il consumo di glicogeno di ogni singola fibra muscolare sembra la spiegazione più logica, ma anche la disidratazione e l’ipertermia hanno un ruolo chiave (Mohr et al, 2003). Uno studio condotto da Rahnama, Reilly e Graham-Smith dimostra, attraverso una simulazione, che il lavoro fisico dato da una partita di calcio riduce la capacità dei muscoli di produrre forza. Inoltre, in alcune analisi di partita si evidenzia una riduzione dell’intensità delle corse dopo la pausa di 15 minuti, probabilmente dovuta all’abbassamento della temperatura dei muscoli (Mohr et al. 2004) Questi cambiamenti possono influenzare la coordinazione neuromuscolare generale e la capacità di trasformare i rigori (Masuda et al. 2005). Un ulteriore studio di Cian (2002) ha dimostrato che l’attività fisica intensa prolungata per 2 ore porta ad un abbassamento delle funzioni cognitive, quindi anche delle capacità di tiro.

L’obiettivo principale di questo studio è quello di stimare l’importanza degli elementi che si crede abbiano maggior influenza sul risultato di una serie a rigori: psicologia (grado di stress), tattica e tecnica (abilità di calcio) e fisiologia (fatica accumulata). Poiché una misurazione diretta di questi elementi è logicamente e metodologicamente impossibile da eseguire su partite già disputate, si è cercato di collegare i suddetti elementi di influenza a variabili quantificabili e disponibili in rete. Inizialmente, si è ipotizzata una relazione fra stress provato e risultato dei calci di rigore: all’aumentare della pressione percepita, il grado di conversione dei rigori dovrebbe diminuire; in poche parole, nei tornei più importanti, si dovrebbe osservare un calo della performance dal dischetto. Per questo ci si aspettavano risultati peggiori nei tornei di maggior prestigio come Mondiali, Europei e Copa América. La stessa ratio è stata applicata all’ordine di battuta dei rigori. Se lo stress influenza negativamente i calciatori, allora è lecito aspettarsi più errori nei calci di rigore più decisivi (il quarto, il quinto e quelli a oltranza). Successivamente si è cercato di capire come la tecnica di tiro si riflette sul risultato dei calci di rigore. È ragionevole aspettarsi che i giocatori selezionati per i rigori decisivi siano finalizza tori migliori degli altri. Perciò, nonostante ci siano difensori molto abili nel battere i rigori, è normale pensare che i giocatori più offensivi siano più portati a segnare e quindi anche a calciare i rigori. Anche i dati anagrafici dei giocatori sono stati considerati per valutare se l’esperienza contribuisca al risultato di un calcio di rigore; cosa probabile se si considera l’aspetto tattico di un rigore. In ultimo, la stanchezza è stata misurata attraverso il minutaggio di ogni calciatore. Un giocatore in campo da 120 minuti è probabilmente più stanco di un subentrato. Quindi, se un giocatore più affaticato è anche più incline a sbagliare dal dischetto, allora un giocatore subentrato sarà più incline a non commettere errori nella stessa situazione.

Metodi

Si è proceduto con un’analisi dei dati accumulati sulle serie di rigori giocate nei maggiori tre tornei internazionali: Mondiali, Europei e Copa América. Sono stati presi in considerazione 409 calci di rigore (153 nei Mondiali, 123 negli Europei e 133 nella Copa América). Alcuni dati sui giocatori – minutaggio, ordine di battuta e risultato del calcio di rigore – sono stati aggregati a partire dal sito internet www.rsssf.com. Altri dati anagrafici e tattici e statistici sono stati presi da www.fussballdaten.de. La raccolta dati è stata poi completata con il motore di ricerca www.google.com.

L’analisi si è basata su una variante dipendente e cinque indipendenti. La variabile dipendente è quella del risultato, i cui valori primari sono il gol o l’errore. Due delle cinque variabili indipendenti, invece, quantificano lo stress provato dai calciatori.

L’abilità di finalizzazione è stata derivata principalmente dalla posizione in campo occupata dal giocatore. Il campione preso in considerazione è stato suddiviso in difensori, centrocampisti e attaccanti. Questa categorizzazione è diventata problematica quando le squadre hanno optato per un modulo su quattro linee invece di un classico modulo a tre (e.g. 4-2-3-1 invece di 4-3-3). Quasi tutti i giocatori schierati fra attacco e centrocampo sono poi stati categorizzati come centrocampisti. All’interno del campione sono presenti anche due portieri categorizzati come difensori.

Il livello di esperienza generale è stato derivato dall’età del battitore al momento del calcio di rigore stabilendo così tre livelli: giovane (18-22anni), medio (23-28anni), anziano (29-35anni).

La componente fisiologica è stata derivata dal tempo di gioco di ogni rigorista. Anche qui, sono stati stabiliti tre livelli di suddivisione dei calciatori: titolari e subentrati nelle fasi iniziali (91-120min), subentrati nella fase centrale della partita (31-90min) e subentrati nella fase finale della partita (1-30min).

Risultati

Dall’introduzione dei calci di rigore dopo i tempi supplementari da parte della FIFA nel giugno 1970, questa soluzione è stata programmata per 22 tornei fra le varie edizioni di Mondiali, Europei e Copa América. 41 partite di sono concluse così, il 21% delle partite totali. 336 giocatori hanno battuto 409 calci di rigore. Di questi, 336 sono stati segnati, con un grado di conversione medio del 78,9%.

  • Torneo. Il grado di conversione medio varia a seconda del torneo: 71.2% nei Mondiali, 82,7% nella Copa América e 84,6% negli Europei.
  • Ordine di battuta. Con l’eccezione del quinto, i calci di rigore diventano progressivamente più difficili da segnare. Il primo ha un grado di conversione dell’86,6%, mentre il sesto e il nono sono quelli più difficili (64,3%). Anche se secondo l’analisi univariata l’unica differenza significativa è fra il primo e il sesto/nono rigore, sono stati segnati molti meno gol dal quarto al nono che dal primo al terzo.
  • Età. La maggior parte dei giocatori selezionati per battere i rigori era di età compresa fra i 23 e i 28 anni (58,9%), seguiti poi da un cospicuo gruppo di over 29 (25,7%) e infine di under 22 (14.9%). La differenza di età media fra chi ha realizzato i rigori battuti e chi invece li ha sbagliati non è significativa. Tuttavia, i giocatori più giovani sono stati i battitori più efficaci. I giocatori “giovani” hanno segnato più spesso degli altri due gruppi di giocatori.
  • Tempo di gioco. Solo il 22% dei giocatori ha battuto i rigori da subentrante. Il 3,7% ha giocato meno di 30 minuti, il 17,6% ha giocato fra i 31 e i 90 minuti, mentre il 78,7% ha giocato fra i 90 e i 120 minuti. Sebbene non ci siano differenze significative fra i vari gruppi, il trend evidenziato attesta il grado di conversione come inversamente proporzionale al minutaggio. Inoltre, i giocatori con 90 o più minuti di gioco alle spalle, tendono a non centrare lo specchio della porta nel 33,8% dei casi in cui non trasformano il rigore; gli altri solo nel 13,3% dei casi.

Secondo l’analisi multivariata, il prestigio del torneo e l’ordine di battuta sono i due elementi che più influenzano il risultato finale dei calci di rigore. Ai Mondiali si sbagliano più rigori rispetto agli Europei e i rigori più difficili da calciare sono quelli che vanno dal sesto al nono. Inoltre, se confrontata con l’analisi univariata, questo tipo di analisi evidenzia una forte, seppur non significativa, differenza nel grado di conversione fra giovani e anziani e una più leggera fra difensori e attaccanti.

Discussioni

Nel mondo del calcio è credenza comune che i rigori siano come una lotteria e che per questo non sia possibile allenarli come le altre fasi del gioco. Questa analisi contraddice quest’ultima posizione e dimostra come il risultato dei calci di rigore segua un pattern logico e influenzato da diversi fattori che possono essere controllati con l’esercizio sistematico e la preparazione. Le variabili psicologiche, tuttavia, si sono dimostrate fra i fattori di influenza più determinati. In particolare, l’importanza di ogni singolo rigore data dal contesto competitivo e dall’ordine di battuta è fortemente condizionante per il risultato finale. Sono stati segnati meno rigori nei tornei più importanti come i Mondiali rispetto ai tornei intracontinentali. Inoltre, gli errori dal dischetto aumentano col progredire della serie, rendendo i primi tre più facili da battere rispetto ai due centrali e a quelli finali. Perciò, i giocatori selezionati per i rigori più decisivi nei tornei più importanti hanno più possibilità di commettere errori; dunque, l’ipotesi per cui l’importanza del risultato influenza negativamente le prestazioni dei giocatori è confermata.

Tuttavia, bisogna tenere in considerazioni tutte le ipotesi prima di confermarne una. Per esempio, è possibile che ai Mondiali, i portieri siano più competitivi che negli altri tornei? I dati raccolti in questo studio smentiscono tale ipotesi. Infatti, nelle edizioni di Copa América considerate, i portieri hanno parato il 10% di rigori in più rispetto ai Mondiali nonostante meno rigori fossero indirizzati all’esterno dello specchio della porta. Anche la potenziale differenza di qualità fra i giocatori dei tre tornei può influenzare il risultato dei rigori, ma non ci sono dati che supportino questa tesi.

Anche se non è stato direttamente oggetto di studio, è probabile che il processo che porta ai momenti più decisivi di una serie a rigori influisca negativamente lo stato emotivo dei giocatori incrementandone lo stress percepito. Ciò è supportato dalla teoria (Martens et al. 1990) e dalla ricerca sull’ansia e lo stress (Eubank and Collins, 2000) secondo cui maggiore è l’importanza percepita di un evento e maggiori sono lo stress e l’ansia da esso derivanti. Infine, i risultati collimano con il lavoro di McGarry e Franks (2000), secondo cui il livello dell’ansia cresce gradualmente con l’avanzare della serie e quindi con l’aumentare dell’importanza del rigore. Tuttavia, i dati raccolti dimostrano che le osservazioni di McGarry e Franks secondo cui le probabilità di successo dei singoli rigori in una serie abbiano un andamento a U invertita,  non sono valide se applicate ad una casistica più vasta. Diversamente, i dati di questo studio vedono ancora una volta aumentare la difficoltà di un rigore col procedere della serie.

Una spiegazione possibile a questa relazione fra ansia e performance può risiedere nel fatto che il livello di stress provato durante una eliminazione ai rigori è tanto alto da portare i giocatori oltre il proprio limite di sopportazione dello stress anche solamente partecipandovi. Perciò, è possibile che i giocatori si trovino nella situazione di poter andare, in senso figurato, “oltre il limite” performativo, confermando la rappresentazione grafica a U invertita in cui l’aumento dei livelli d’ansia comporta una decrescita nei risultati. Se l’ansia incrementa, che sia per via del torneo disputato, dell’importanza del singolo rigore o per altre cause esterne, il livello di stress può diventare sufficientemente alto per impedire ai rigoristi di performare al meglio.

Nonostante queste ipotesi, è necessario approfondire con altre ricerche per capire come i meccanismi dello stress influenzino specificamente una eliminazione ai calci di rigore nei match internazionali. Individuare tutte le fonti di stress che condizionano positivamente e negativamente un rigorista prima e durante l’esecuzione è fondamentale per chiarire il ruolo dell’ansia in queste dinamiche. Un interessante oggetto di studi può essere il caso in cui la vittoria o la sconfitta dipende esclusivamente da un singolo calcio di rigore.

Fra le premesse considerate da McGarry e Franks (2000), viene considerata anche l’influenza della tecnica di tiro dei giocatori sul risultato dei rigori. Sebbene sia difficile valutare la qualità della tecnica di tiro in modo oggettivo, c’è probabilmente una correlazione fra i compiti in campo dei giocatori e l’abilità di calciare in porta. A tal proposito, in questo studio si evidenzia – sia nell’analisi univariata che in quella multivariata – una propensione dei giocatori che normalmente segnano più gol (attaccanti) a commettere meno errori ai calci di rigore rispetto ai loro compagni che segnano meno (difensori). Se questa relazione fra risultato del calcio di rigore e ruolo di campo dovesse essere confermata, allora sarebbe basata sulla funzione ricoperta più che sull’esperienza generica, visto che l’età si è dimostrata essere un fattore tutto sommato trascurabile per il risultato dei rigori. Approfondire questo tipo di relazione fra capacità di finalizzazione e successo dal dischetto sarebbe importante sotto un punto di vista pratico perché non sono presenti collegamenti empirici fra i due fattori, e conseguentemente nemmeno con l’allenamento alla finalizzazione, in letteratura. Sebbene non sufficienti, i dati raccolti in questo studio danno una prima indicazione sull’esistenza di tale relazione.

Per quanto riguarda la relazione fra età e risultato dei calci di rigore, possono essere fatte diverse ipotesi: i giocatori più giovani sono meno inclini a sentire lo stress (Molander e Backmnan, 1996), oppure anno meno esperienza, né in un senso né nell’altro. Ulteriori colloqui con giocatori di età diverse coinvolti in questo genere di situazioni potrebbero essere utili nell’approfondimento di queste ultime ipotesi.

In questo studio non sono state dimostrate correlazioni significative da un punto di vista statistico fra affaticamento e risultato dei calci di rigore. Tuttavia, questo potrebbe essere dovuto da un bias statistico, dal momento che non molti subentrati hanno poi battuto un calcio di rigore per l’eliminazione dal torneo. I dati, però, suggeriscono un’influenza negativa dell’affaticamento sui calci di rigore, in particolare per i difensori. Questi, infatti, corrono meno rispetto a centrocampisti e attaccanti, il che potrebbe indicare un migliore stato di forma di quest’ultimi rispetto ai difensori. Se così dovesse essere, i difensori sarebbero la categoria meno preparata per affrontare i trenta minuti aggiuntivi dei tempi supplementari. Tuttavia, tale ragionamento potrebbe essere condizionato dalla tendenza degli allenatori di sostituire dei giocatori con i cosiddetti “specialisti” (calciatori particolarmente abili dal dischetto) negli ultimi minuti.

In conclusione, gli elementi psicologici hanno un impatto maggiore sul risultato dei calci di rigore rispetto a quelli fisiologici. Per questo, la ricerca dovrebbe concentrarsi sui fattori psicologici coinvolti. Inoltre, gli studi di settore potrebbero rivelarsi utili per preparare meglio le squadre di calcio in funzione di un’eliminazione ai calci di rigore. Partendo da questo studio si possono identificare alcune implicazioni che i risultati potrebbero avere su allenatori e giocatori che vogliono avere successo in caso di calci di rigore.

Prima di tutto, le tecniche di controllo sullo stress possono ridurre la percezione dell’ansia e dell’importanza del calcio di rigore sul risultato finale. Inoltre, le routine preliminari all’esecuzione possono aiutare i giocatori a pensare più al gesto tecnico e ai processi cognitivi e fisiologici implicati piuttosto che all’importanza di esso. Secondariamente, i risultati di questo studio dimostrano che alcuni fattori specifici delle serie a rigori possono essere replicate in allenamento. Per esempio, il livello di tensione percepita può essere gestito anche durante gli allenamenti e così come l’ordine di battuta dei rigoristi. In ultimo, i dati raccolti in questo studio, anche se per contrasto, forniscono informazioni utili per creare i profili dei giocatori più o meno inclini a commettere errori nei calci di rigore. Tali informazioni possono essere utili agli allenatori in fase di selezione dei rigoristi. Anche se i dati raccolti si basano su un campione tutto sommato ristretto, gli allenatori possono rifarsi alle tendenze evidenziate, come il maggior grado di conversione degli attaccanti rispetto ai difensori, dei subentrati rispetto ai titolari e dei giocatori più giovani rispetto a quelli più anziani.